Galvanizzati dal rotondo quanto inatteso successo della prima giornata, tornano in campo gli All Reds, la squadra che ogni giorno, collettivamente, autogestita, popolare e antifascista cerca la risposta alla domanda: «Ma chi ve l’ha fatto fare?».
Si gioca nuovamente tra le mura amiche, ed è senz’altro una grande notizia: fuori, infatti, piove. E il meteo, benché il campo sia al coperto, è cruciale: quando piove molto, infatti, il campo diventa drammaticamente scivoloso. Qual è il vantaggio?, chiederete. È presto detto: la squadra ospite scivola, i Rossi, come muli alpini, svettano ben saldi sul laminato umidiccio, forgiati da decine e decine di culate durante gli allenamenti. Un fattore campo inespugnabile che ha portato la dirigenza a cercare l’entità divina che fa piovere per concordare copiosi rovesci in occasione degli impegni casalinghi; una rapida telefonata con Juri Gagarin ha chiarito che era inutile.
La partita. Si gioca contro la Hell’s Basket Pomezia, nome – a mio modestissimo avviso – infelice, a meno che non si voglia celebrare la star dei fornelli Gordon Ramsey. Ma tant’è. Il riscaldamento si svolge nel consueto fragore, tipico della All Reds Arena, quel rumore metallico dato dal pubblico che batte i piedi sulle gradinate, dai tappi di Peroni che cadono a terra e dalle centinaia di violente pallonate contro il ferro. Un giorno dovremo affrontare la questione: forse, non riscaldarsi affatto darebbe risultati migliori. O comunque ci permetterebbe di guadagnare qualche minuto, prima che gli avversari si rendano conto che facciamo pena al tiro. Ma tant’è.
Una partita strana, e non soltanto perché gli operatori al tavolo – il Pirata e lo Zio Vanja – sono vistosamente alterati da sostanze che non vogliamo approfondire («Oh, zì, ma che devo fa co sto coso?», ove il “coso” è un semplicissimo cronometro). Una partita strana perché sembra che entrambe le squadre puntino a uno zero a zero che accontenterebbe entrambi. A loro non riesce di attaccare, a noi non va di segnare. Un pareggio sarebbe il risultato più giusto. Ma poi a rompere l’equilibrio arriva lui, un giocatore straordinario di cui da troppo tempo non cantavo le gesta: il Caciara. Una furia. Un’iradiddio. Difende, ruba palloni, lancia diversi contropiede e finisce per creare la prima fuga della gloriosa squadra del socialismo. Il fatto che questa fuga si componga di otto punti e sette palle perse (non solo da lui) in quasi sei minuti credo dica tutto del livello di questo campionato.
E poi c’è lui, la Risorsa. The Captain. Ogni volta che prende palla, ti aspetti qualcosa. Tipo che, quantomeno, riesca a tirare (fidatevi, da queste parti non è da tutti): ben 12 tiri. E anche il suo sodale Matteo sfodera una grande prestazione: 9 tiri. Debutto anche per un nuovo, immancabile capellone – se non ne imbarchiamo uno a stagione ci tolgono l’uso del marchio: Simone, aka Datome, aka Gesù Cristo (sì, ci siamo sforzati poco; è bastato vedere uno che gioca a basket, coi capelli lunghi e la barba; possiamo e dobbiamo fare di meglio). Anche per lui, comunque, nove tiri. Ottimo. Non parlerò invece dell’altro debuttante della serata, Adriano: il fatto che sia nato nel 1995 mi fa capire che sono invecchiato, e mi sta sulle palle. Il coach Tommaso (quello dell’altra partita è stato sostituito perché incapace di fornire un nome che non fosse anche il nome di un drink) guida con maestria la squadra dalla panchina, il gioco è armonioso, la palla gira, i tiri fioccano. E Dario, destinato al segnapunti, può dormire tranquillo. Fortunatamente, uno degli individui più minacciosi in cui mi sia mai imbattuto, si rivela infine un bluff. Uno spilungone di più di due metri, al nostro livello, deve per forza essere scarso. Tipo che non si muove. Perché altrimenti, almeno la D, con due metri, te la fai. Ecco, questo arriva, segna due triple e poi, per buona parte del riscaldamento, schiaccia a due mani. Cazzo.
E invece, grazie a una strepitosa difesa del Capitano – in combinato disposto con un’infaticabile azione del Caciara in aiuto e anche una decina di falli spesi dai passanti quando riceveva palla – viene assai limitato.
Dai, mancano tre minuti, e siamo a più dodici. Comincio a riflettere a quale parte dell’adorante curva lancerò la maglia in segno di trionfo. Probabilmente anche quelli in campo stavano facendo altrettanto: +6, manca un minuto e venti. Una serie infinita di tranvate dell’ultimo secondo si riaffacciano alla nostra memoria. Il consueto panico da ultimo minuto, la nostra sindrome del countdown, torna prepotente alla ribalta. L’azione successiva è confusa. La palla viaggia lenta. Viaggia male. Questi giocano la 3-2. Ma come si attacca la 3-2?
Io non lo so. Nessuno lo sa. Lo sa solo Lui. Il Capitano. Taglia dal post alto. Entra in palleggio. Tira, subisce fallo. Segna. + 9. Ciao a tutti. Ciao sindrome, abbiamo trovato la cura, è bionda e leggermente più pingue dello scorso anno, ma funziona ancora alla grande. Vinciamo, ed è tutto bellissimo.
Sabato si va ad Anzio. Vi giuro che qualunque tifoso (non tesserato) verrà a vederci avrà una cena di pesce dopo la partita pagata da me. Forza Rossi
- Maggior numero di punti: Lucone (12)
- Maggior numero di rimbalzi: Matteo (14)
- Maggior numero di tiri sbagliati: Matteo (11) (MA COME SE FAAAAA?) (ok, vero: io non sarei neanche in grado di tirare la metà delle volte, e stendiamo un velo pietoso su quanti ne segnerei)
- Numero di tiri sbagliati dagli All Reds: 47
ALL REDS BASKET 39 – HELL’S BASKET POMEZIA 30
(capito ora perché parlavo solo di “tiri”, e non di “punti”? La statistica al tiro degli All Reds è 12/69)