Oh, sai chi ti saluta un casino? No, non è stocazzo: è la capolista. Sono gli All Reds Basket, primi, anzi, stra-primi in classifica. Campioni d’inverno con due giornate d’anticipo, differenza canestri +111, sei vinte, zero perse e tanta ignoranza in campo. Ma cominciano ad affiorare alcuni problemi, primo fra tutti il sentirsistocazzismo, malattia infantile del comunismo. Sai, quella cosa che arrivi sul campo e guardi gli avversari col sopracciglio alzato, uno sguardo misto di supponenza e pietà. Tipo «Vabbè dai, quando arriviamo a + 40 fermiamoci, che pare brutto». Una spacconeria che abbiamo rischiato di pagare cara. Ma per fortuna, una delle più belle storie che questo sport potesse raccontarci si è messa di traverso.
Io arrivo in ritardo al campo, a pochissimi minuti dall’inizio, perché mi sono fidato del Caciara e delle sue fallimentari indicazioni stradali («Al semaforo di piazza dei Navigatori gira a sinistra, poi sempre dritto». Per poco non scopro Atlantide). Comunque, arrivo e scopro una squadra molliccia, abituata al degrado da festeggiamento continuo. Una rivoluzione imborghesita, una gauche caviar inguainata di cachemire. Al posto dei rutti e delle bestemmie delle prime uscite, vedo solo occhiali di radica, reflex e giacche di velluto marrone.
Capirai, dice il body language dei Reds, questi hanno due lunghi che avrebbero messo in difficoltà Bill Russell. Perché la generazione è grosso modo quella. Aggiungiamo che gli avversari non fanno una grossa impressione, ed ecco che tutti già aggiornano, sui propri iPhone con cover simpabbestia e app Moleskine, la classifica: dai, fai 7 e andiamo a casa.
E invece, la partenza è di quelle spaventose: 0-6 per gli avversari e tanta, tanta confusione. La condizione atletica che ha sostenuto i Rossi in questo sfolgorante avvio è del tutto inutile, in un campo lungo dieci metri meno del normale: niente contropiede, poche idee a metà campo, primo mini-parziale. Si fa una fatica immane anche solo a iniziare gli schemi, figurarsi a segnare, attività nella quale – non vorrei ripetermi – non amiamo impegnarci. Si salvano solo Lucone e un Kosmo ancora furioso più di Orlando.
Ma la partita resta complicatissima. Vi dico solo che a un certo punto hanno fatto entrare pure me, tale e tanta era la confusione sotto il cielo. Ma il parziale continua a dare ragione agli avversari: si soffre. Non si segna. Vuoi vedere che stavolta si perde?
Coach Tommaso è in evidente confusione. Non pago di aver inserito me, decide di giocarsi la carta della disperazione: visto che la squadra soffre in regia, perché non inserire l’unico playmaker di ruolo a referto? Che sia uno che non gioca da mesi, è ovviamente ininfluente. Arriva il momento della maglia numero 4. Arriva il momento del Fle, troppi mesi dopo un infortunio che ha lasciato attonito il mondo dello sport. Dopo una riabilitazione che manco Derrick Rose lunga. (cancello che porta zella. Grattateve e proseguite).
Entra, corricchia, prende gli applausi della panchina, batte cinque a tutti come un concorrente di Affari tuoi, si impadronisce subito del pallone e batte la rimessa. Palla persa, due punti loro. Ottimo avvio.
Ma lo sport non è solo bestemmie. Lo sport è anche fatto di favole. Lo sport è fatto di emozioni e di batticuore autentico per un amico che torna in campo e, come seconda azione, si porta in punta, si guarda intorno senza riuscire a scaricare, e allora chiude il palleggio e, con la convinzione di chi conosce i propri limiti cestistici (dunque, quasi nulla), spara da tre punti. La retina neanche si accorge di quella carezza, mentre il pallone, docile, si infila nel canestro. È il canestro della riscossa, è il canestro del meno uno. Sembra quasi inutile raccontare che subito dopo, una grande azione difensiva dei Rossi riconquista il pallone, lo mette nelle mani del Fle e… niente, lo perde di nuovo. Ma non ci importa, la scarica è arrivata e la squadra risale la china.
Anche perché la guerra privata tra Lucone e K.C. Jones ha avuto uno straordinario risultato: alla fine del secondo quarto, entrambi i lunghi titolari della Bnl (NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO!) sono carichi di falli. È solo questione di tempo, prima che si trovino a giocare uno small ball forzato. Cazzi vostri.
In mancanza di Scolozzi, tento di mantenere la media di omicidi di squadra, profondendo in campo un atteggiamento di sana competizione, ben esemplificato dalle raccomandazioni del coach («A Bara’, entra e spacca tutto. Fai dumila falli e poi esci») e da questo video, che in un certo senso racconta una prestazione fatta di tre rimbalzi, un assist e tre falli (più un altro, inspiegabilmente non fischiato) in – boh? – quattro minuti di gioco.
https://www.youtube.com/watch?v=DI9GNrBQp9U
La partita è un punto a punto, malgrado i nostri avversari siano stati livellati dai fischietti. Ci serve un’ultima spinta. Ci serve un eroe. E l’eroe è arrivato. Chi? Indizio: maglia numero 4. Non serve altro.
Ciaff. È il cannone dell’Aurora che dà l’ultima spinta a questa squadra. È il segnale della vittoria, la campana della rivoluzione. È il segnale che questi All Reds vinceranno anche stavolta, ancora una volta. 7-0
E per me, che nella vita da civile tifo Roma, stare dalla parte giusta con un 7 di mezzo è una novità assoluta.
Sette. Come i colli, come le meraviglie, come i vizi e le virtù. Sette come i fratelli Cervi, sette come le vittorie degli All Reds quest’anno. Daje.
Most Barabbable Player: Checcazzodedomande
Che poi, vedendo questo video (dal minuto 6 in poi), vi renderete conto che non siamo in grado di segnare un canestro nemmeno per finta. Come diceva Mr. Burns, «ne abbiamo girate ventuno, e questa era la migliore».
Statistiche non le ho, perché mi sono perso il referto. Comunque, Fle 6, e Lucone resta in media doppia doppia. Io ho anche tirato: è la seconda volta in quattro presenze. Il risultato del tiro manco ve lo dico, ma sappiate che è stato brutto.
BNL per Telethon 48 – ALL REDS 62